Ettore De Cesare

Ettore De Cesare

Il legame che c’è tra Napoli e la sartoria è qualcosa di profondo e radicato.
Perché proprio Napoli? Perché è sempre stata una città estremamen- te elegante, culla di nobiltà e terra natia di aristocratici e luminari. Perché è una città artistica e creativa, le cui mani non hanno paura di sporcarsi e sanno crea- re, prendendo ispirazione da ciò che di più semplice c’è nella vita, rendendola filosofia.

Perché Napoli ha un’identità, un mosaico enorme di tradizioni di cui va fiera e che non ha mai tra- dito e mai tradirà.

Di questo grande mosaico, la sar- toria ne rappresenta sicuramente uno dei tasselli più importanti. Camminando per le vie principali della città Partenopea, si riesce

a percepire quanto la naturale ricercatezza nel vestire sia coe- rente con la bellezza dei luoghi e la generosità d’animo di chi, quei luoghi, li vive con amorevole sen- so di appartenenza. Storicamente, per i giovani ‘scu- gnizzi’, il sarto rappresentava uno di quei mestieri che avrebbe permesso loro di diventare uomi- ni. Una scuola di vita prim’ancora che un lavoro, dove era possibile

prendere le misure, ma soprat- tutto le distanze dalla strada. Entrare nella bottega di un sarto, come apprendista, significava mettere la prima pietra su quello che avrebbe dato loro dignità e “gloria”, come diceva Ettore De Cesare senior, nonno di Ettore, colui che oggi porta avanti la Sar- toria De Cesare, che vanta una tradizione familiare fatta di ben tre generazioni.

Nonno Ettore, mi racconta, che iniziò la sua avventura di sarto, come tanti ragazzini del tempo, per sottrarsi alla miseria della guerra. Dopo qualche anno di

iFONDAMENTALI

classico

contem

poraneo di Giorgio Giangiulio

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gavetta entrò a lavorare da Ru- binacci, con il quale ebbe modo di mettere in luce le sue bravure, servendo personaggi importanti e clienti illustri della Napoli di allora.

Nel 1960 decide di compiere il grande passo mettendosi in pro- prio, aprendo così la sua sartoria in piazza Carlo III per poi trasfe- rirsi, nella prima metà degli anni Settanta, in piazza Vanvitelli al Vomero, in uno storico Palazzo, che è tutt’ora la sede.

Da allora tante cose sono cam- biate ma altrettante sono ri- maste invariate, perché oggi al timone c’è sempre un Ettore De Cesare di terza generazione, che porta avanti la tradizione di fami- glia iniziata dal nonno ed eredita-

ta dal padre. Intraprende gli studi in economia con la consapevolez- za di voler continuare l’attività di famiglia e, non appena laureato, ne prende le redini apportando un’impronta imprenditoriale ed una visione lavorativa-gestionale moderna, che gli consentono oggi di vantare showroom a Milano, Parigi, Londra e Dubai.

Nulla è cambiato, invece, per quan- to concerne il lavoro sartoriale.
“Il nostro è un lavoro che rispec- chia in pieno la tradizione sarto- riale napoletana”, mi racconta,

“I nostri capi vengono realizzati esclusivamente a mano secondo i canoni classici della sartoria. Lavoriamo le nostre giacche con gli ‘intrillanti’ (punti lenti, ndr), in modo da avere i due quarti della

giacca perfettamente identici. Stessa cosa vale per il collo, lavo- rato anch’esso a punti lenti. Ope- razioni, queste, che richiedono tempo ed esperienza”.
Il bellissimo showroom nel quale mi accoglie, è l’esempio pragma- tico dello stampo che Ettore ha voluto imprimere; un luogo arre- dato con gusto, pulito e ordinato, in piena armonia con l’eleganza del Vomero.
Al piano inferiore si entra nel vivo, dove ci si lascia alle spalle
la quiete dello showroom e si vie- ne catturati dal rumore dei ferri da stiro e dalle canzoni napole- tane che riempiono di melodia il laboratorio, all’interno del quale lavorano otto persone.
“È perennemente sintonizzata su

Sartoria Di Renzo

via Carso, 91 – Andria (BT)

sartoriadirenzo.it

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una stazione radio che trasmette solo canzoni napoletane” mi dice Ettore sorridendo, riferendosi alla vecchia radio.

“Pian piano le sto imparando tut- te a memoria” (tanto per tornare al discorso sull’identità, ndr.) dice, mentre mi accompagna a vedere i lavori in corso d’opera di clienti sparsi per il mondo.

Ci sono due smoking dal collo sciallato, un abito in lino e vari blazer estivi.
“La nostra giacca si riconosce dalla spalla, che viene cucita a giro aperto, e dalla manica, a cui diamo maggiore ampiezza sul dietro per agevolare ulterior- mente i movimenti ed il confort”. Un altro fattore caratterizzante che consente di riconoscere un abito De Cesare è l’utilizzo di fo- dere interne stampate e colora- tissime che Ettore si fa realizza- re in esclusiva dall’Inghilterra. L’impatto visivo è meraviglioso, aggiungendo arte all’arte. Nell’organigramma vi è anche il pantalonaio, presenza solitamen- te inusuale nella maggior parte delle sartorie le quali, il più delle volte, si affidano ad uno esterno per la realizzazione.

Ulteriore dimostrazione di quanto Ettore tenga al pieno controllo di ogni fase del processo di creazione dei suoi capi, che controlla scrupo- losamente in prima persona.

Uno dei momenti più curiosi della mia visita, è stata la presa misu- re che mi ha fatto lo stesso Etto- re e si è dimostrata di gran lunga la più diversa tra tutte le volte che qualcuno mi abbia poggiato un centimetro addosso. Solitamente, si tratta di un pro- cedimento semplice che richiede pochi minuti.

Questa volta invece, è durata un’e- ternità, con Ettore concentratis- simo nello studiare ogni parte del corpo, armato di centimetro. Notando la mia faccia perplessa, mi sorride dicendomi: “Quando prendo le misure sono un po’ pignolo! Ho un metodo tutto mio

che mi fa perdere più tempo ora, ma in compenso me ne fa rispar- miare tantissimo una volta che l’abito va in lavorazione”.

Nel momento della prima prova, infatti, ho constatato l’incredibile efficacia della sua commercia- listica pignoleria: abito pratica- mente perfetto e terza prova non più necessaria!

Prima di lasciare la sartoria, mi cade l’occhio sul muro. In ogni sartoria napoletana vive l’imma- gine di Maradona, che ha signifi- cato per questa città qualcosa di molto più profondo, che va aldilà delle vittorie calcistiche e dei ge- sti atletici indimenticabili.

Questa volta però la foto non lo ritrae con la maglia numero dieci del Napoli, bensì con una giacca in tweed dal taglio tipicamente anni ’80, con il cran sceso e spal- le ampie.

Accanto a lui un signore.
“È mio papà” mi dice fiero Ettore, “Maradona vestiva i nostri abiti. Eravamo i suoi sarti!”
Mi racconta di quando Maradona andava in sartoria, il più delle vol- te in tarda serata.
“Avevo 11 anni e ricordo ancora
la Renault 5 Turbo bianca guidata dal suo procuratore, Guglielmo Coppola, che parcheggiava qui davanti e lui che scendeva di cor- sa tutto incappucciato per non farsi riconoscere. Ogni volta che

veniva in sartoria per noi era una festa e facevamo portare coppe di champagne da un bellissimo bar che stava qui di fronte. A quei tempi il Vomero iniziò a conqui- starsi lo status di quartiere d’éli- te e Napoli era in pieno fermento sotto ogni aspetto. Anche se per la sartoria non era un periodo d’oro, visto l’esplosione della confezione e degli stilisti, quelli furono anni meravigliosi per la nostra città”.

Impossibile a questo punto bloc- care la malinconica macchina dei ricordi, lasciandoci così traspor- tare da goal, aneddoti e leggende, più o meno veritiere, legate al ‘Pibe de oro’.

La sua storia in fondo s’intreccia con quella di tanti uomini napole- tani: vite passate portando avanti un sogno in una città dove niente è prevedibile, ma che non dimentica. LaforzadiNapolièproprioques•ta: rende semplicemente immortali

Foto di Fabrizio Di Paolo

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Ettore De Cesare Sartorie

Piazza Vanvitelli, 15 – Napoli

www.ettoredecesare.it

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